Confronto con Carta dei Diritti Europei
Durante la stesura della carta dei diritti fondamentali europei, uno degli argomenti più discussi fu sicuramento quello riguardante la religione, e in particolar modo il cattolicesimo. Da una parte, vi erano i francesi che chiedevano che la Carta europea non fosse troppo distante dalla prassi costituzionale francese, dall’altra i membri dei partiti democratici cristiani i quali spingevano all’accettazione del riferimento all’eredità religiosa. Favorevoli al riferimento religioso erano soprattutto Germania, Austria e Lussemburgo. Invece, Francia, Portogallo e Italia sostenevano l’urgenza di garantire l’orientamento laico della Carta europea. Alla fine, comunque, è prevalsa la convinzione che non si poteva sacrificare la stesura della Carta sulla parola “religione”. La maggioranza dei rappresentanti dei parlamentari europei hanno quindi, alla fine, trovato un accordo a favore della generica affermazione che menziona non l’eredità religiosa, ma il patrimonio spirituale e morale dell’Unione. Nel passato in molti Stati d’Europa vigeva il principio del cuius regio eius religio, principio per il quale tutti i sudditi di una nazione erano costretti a seguire la confessione religiosa del proprio sovrano, non essendone ammessa alcuna altra. Volendo venire al nostro tempo e rimanere all’Italia, ricordiamo che lo Statuto della monarchia dei Savoia, decaduto con l’avvento della Repubblica, riconosceva il Cattolicesimo come unica e sola religione di Stato. Ciò faceva dell’Italia uno Stato confessionale cattolico. Oggi, uno Stato moderno non rifiuta la religione e la religiosità, piuttosto si dichiara equidistante rispetto a ogni confessione religiosa, e perciò non si identifica con nessuna di esse, come fa quello italiano. Forse, più che chiamarlo laico, dovremmo parlare di Stato aconfessionale. Ad oggi, resta comunque’ fondamentale riconoscere che i valori religiosi vissuti dai cittadini si trasformano in valori civili che elevano la comunità sociale e la comunità politica.
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