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Statuto dei lavoratori – 1970

Lo -statuto dei lavoratori- è una legge (n° 300) promulgata nel 20 maggio 1970 a seguito del progetto lanciato dal Congresso di Napoli della CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro), quando per la prima volta il leader Giuseppe di Vittorio parlò di una riforma lavorativa in termini di statuto, ovvero di atto giuridico che esprime i principi fondamentali dell’organizzazione di uno Stato, in questo caso riguardante appunto il lavoro. 

La necessità di una formulazione normativa riguardante i meccanismi del mondo del lavoro, nacque a partire dal secondo dopoguerra, in particolare dopo della creazione di un regime democratico e dell’emanazione della Costituzione, la quale nel primo articolo contiene per l’appunto riferimenti al lavoro. 

La legislazione precedente al 1970 non prevedeva normative sufficienti alla regolamentazione del lavoro, infatti erano presenti soltanto direttive come i limiti minimi di età per il lavoro minorile in cave e miniere, il diritto di associazione sindacale e quello di sciopero, le prime normative antinfortunistiche e l’obbligo di forme assicurative. 

Durante gli anni cinquanta e sessanta ci fu una radicale cambiamento nel mondo del lavoro e della produzione, poiché la fascia di occupazione nel settore industriale della produzione aumentò notevolmente, facendo calare quella del settore di produzione agricola. Questo causò una crisi del lavoro della terra in quanto per gli agricoltori aumentarono i costi di produzione e invece si abbassò il costo della manodopera.  

Ma i rapporti tra i datori di lavoro e lavoratori cambiarono grazie alla ripresa economica. In questo contesto, nuove figure subentrarono nella gestione del lavoro e risultò difficile conciliare le norme giurisprudenziali senza creare contrasti tra i principi. 

Uno dei più importanti periodi della storia italiana che portarono alla formazione di un movimento sociale riformista è l’Autunno Caldo, caratterizzato dalle lotte sindacali.  Nell’autunno del ’69 lavoratori e studenti uniti manifestarono e si attivarono protestando contro le scarse tutele dei lavoratori. Fu così che si giunse all’approvazione dello Statuto.

Il processo di emanazione della legge durò diversi mesi. Il 24 giugno del 1969 il testo contenente le ”Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento” fu presentato in consiglio dei ministri, l’11 dicembre fu approvato dal Senato, e poi dalla Camera con 217 voti a favore (la maggioranza di centro sinistra ; si orientarono per l’astensione in particolare il PCI (Partito Comunista Italiano). 

La legge introduceva importanti e notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori di lavoro e i lavoratori, con alcune disposizioni a tutela di questi ultimi e nel campo delle rappresentanze sindacali e del contesto aziendale. 

I contenuti principali dello Statuto riguardano i segenti temi:

1. La libertà e la dignità del lavoratore. I lavoratori, senza distinzioni di opinioni politiche, sindacali o di fede religiosa, hanno diritto nei luoghi dove prestano la loro opera di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme dello Statuto. Il primo gruppo di norme tutela la personalità morale del lavoratore e gli assicura il diritto di libertà di pensiero. È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini sulle opinioni politiche, religiose e sindacali del lavoratore, nonché sui fatti non rilevanti ai fini della valutazione della sua attitudine professionale. Le rappresentanze dei lavoratori possono,controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e hanno la facoltà di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare salute e integrità fisica.

2. La libertà sindacale. Tutti i lavoratori hanno il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale all’interno dei luoghi di lavoro; ogni patto contrario a quanto appena descritto è nullo. È fatto divieto ai datori di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori. In tema di reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore licenziato, una legge L 108 11/5/1990 1 ha notevolmente modificato la previsione normativa dello Statuto.

3. L’attività sindacale. Possono essere costituite rappresentanze sindacali aziendali su iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, sulla base di alcune norme:

-­ il diritto di unirsi in assemblea anche durante l’orario di lavoro per discutere di problemi di interesse sindacale, oppure concernenti le condizioni di lavoro;

­- l’obbligo per il datore di lavoro di consentire nell’ambito aziendale lo svolgimento fuori dall’orario di lavoro di referendum su materie inerenti all’attività sindacale;

­- il diritto per i dirigenti sindacali aziendali di usufruire di permessi sia retribuiti sia non retribuiti, per l’espletamento del loro mandato o per la partecipazione a trattative sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale;

­- il diritto per le rappresentanze sindacali di affiggere in appositi spazi, all’interno dei luoghi di lavoro, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro.

Queste norme si applicano a tutte le imprese commerciali e industriali che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo occupano più di 15 dipendenti. Le disposizioni dello Statuto si applicano, ora integralmente, anche ai rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti di enti pubblici, quale che sia il numero dei dipendenti.

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