Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.
Articolo 46
Spiegazione
L’articolo vuole promuovere la collaborazione tra imprenditori e lavoratori. L’ordinamento italiano, tuttavia, non ha dato luogo a vere e proprie forme di cogestione (ovvero, all’ingresso dei lavoratori negli organi direttivi delle aziende come, per esempio, il Consiglio di amministrazione). In Italia non sono previste – come, invece, avviene in altri Paesi europei – forme di negoziazioni obbligatorie che impongano ai sindacati di mantenere la «pace sindacale» e agli imprenditori di non assumere decisioni prima delle trattative sindacali.
La partecipazione dei lavoratori, quindi, è limitata agli aspetti garantiti dai contratti collettivi nazionali che conferiscono alle organizzazioni sindacali i diritti di informazione e consultazione sui problemi delle singole imprese (livello di occupazione, stato finanziario, ambiente di lavoro…) e sulle prospettive economiche dei settori per i quali vengono firmati i contratti.
Storia
Il testo finale dell’articolo fu proposto dall’on. Giovanni Gronchi (Democrazia cristiana).
L’Assemblea – concordando con Gronchi – volle sottolineare due concetti: la subordinazione dell’elevazione economica e sociale del lavoro alle «esigenze della produzione» in quanto «l’imperativo categorico in ogni tipo di sistema economico è quello di produrre di più affinché vi siano più utili da distribuire»; la collaborazione fra gli organi di comando delle aziende e i lavoratori, una «certa posizione gerarchica di compiti e di responsabilità».
L’Assemblea respinse alcuni emendamenti che chiedevano la partecipazione degli operai agli utili prodotti dalle aziende, giudicata «pericolosa» per i lavoratori e la collettività a causa del «prepotere dei monopoli».