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Articolo 19

Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

articolo 19

In una prima stesura l’articolo conteneva anche questa dicitura: «purché non si tratti di principî o di riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume». L’assemblea costituzionale decise di togliere la parola principi per escludere l’eventualità che un possibile divieto risultasse come un giudizio nei confronti di una religione. Anche il riferimento all’ordine pubblico fu tolto per timore che questo potesse essere visto come una scusa per limitare la libertà religiosa. 

L’art. 19 riconosce la libertà religiosa senza fare cenno alla libertà di coscienza o di cambiare religione. Queste ultime due libertà però sono state riconosciute come fondamenti costituzionali  negli anni Sessanta dalla Corte Costituzionale, questo estese gli effetti dell’articolo anche ad atei e non credenti.

L’art. 19 è applicabile non solo ai cittadini italiani, ma anche agli stranieri. Solo di recente è stato riconosciuto anche ai minori il diritto di libertà di coscienza e di religione e anche quello di essere interrogati da un giudice in merito alle proprie scelte (ad esempio in caso di divorzio dei genitori).

Questo articolo ha trovato una vera applicabilità solo dopo il concordato del 1984 che permise uguale libertà per tutte le confessioni religiose. 

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