“Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
articolo 36
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”
Ma cosa significa?
L’articolo 36 si occupa delle tutele che devono essere garantite al «lavoratore» inteso come contraente debole, così definito in quanto, basando il suo sostentamento quasi esclusivamente sulla retribuzione derivante dal lavoro prestato, si trova in una condizione di inferiorità rispetto ad un imprenditore o ad un qualsiasi altro lavoratore autonomo.
Il principio della retribuzione sufficiente ha come obiettivo quello di assicurare al lavoratore e alla sua famiglia una vita libera e dignitosa (grazie a questa norma vengono dunque vietate forme di sfruttamento del lavoratore). Il lavoro non è più visto come “possibile forma di oppressione”, bensì come strumento di promozione sociale del lavoratore.
Il secondo comma pone l’attenzione sul tempo da dedicare giornalmente allo svolgimento delle proprie attività lavorative: la durata della giornata lavorativa è regolata per legge.
Strettamente connesso a quello appena citato, il terzo ed ultimo comma garantisce il diritto al riposo settimanale (che non sempre coincide con il giorno festivo) e a ferie retribuite, a cui il lavoratore non può rinunciare per alcun motivo (divieto a monetizzare le ferie).
Articolo, questo, molto dibattuto dall’Assemblea Costituente e che vide la contrapposizione di due modi di pensiero: deputati appartenenti alle formazioni politiche di destra affermarono che le retribuzioni avrebbero dovuto essere adeguate «alle possibilità dell’economia nazionale» e non basarsi sulle esigenze familiari dei lavoratori; i comunisti, invece, si mostrarono favorevoli alle retribuzioni «per categoria e per specializzazione».
Curiosità…
La legge italiana definisce “orario di lavoro” qualsiasi intervallo di tempo in cui il lavoratore/lavoratrice sia al lavoro o a disposizione del proprio datore di lavoro. Questo viene calcolato su base settimanale e non giornaliera anche se, per legge, una singola giornata lavorativa non può superare le 13 ore consecutive. La normativa nazionale prevede che l’orario lavorativo non possa mai superare le 48 ore settimanali (straordinari compresi).