Lo Smart Working (o lavoro agile) è un fenomeno che sta cambiando, dal punto di vista organizzativo e culturale, il mondo del lavoro. Consiste in un modello di impiego subordinato in cui è però il lavoratore che si sceglie autonomamente gli spazi, gli orari, e gli strumenti da utilizzare per svolgere la propria mansione.
L’attività è regolamentata da policy organizzative che pongono i limiti di flessibilità dell’orario, della scelta degli spazi e della personalizzazione degli strumenti utilizzati. In questo modo, si ha anche una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Le fasi e gli obiettivi in funzione del quale si svolge l’impiego sono precedentemente stabiliti tra il datore e il lavoratore, che riesce a essere maggiormente produttivo, avendo la possibilità di conciliare le necessità professionali con i tempi di vita. Si è constatato che gli effetti di questo tipo di gestione lavorativa sono positivi: aumenta infatti l’efficacia, l’efficienza, e il benessere delle persone coinvolte.
Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, una pratica seria dello Smart Working può portare a un incremento del 15% nella produttività del lavoratore. Questo tipo di attività è resa possibile da un’attenta considerazione degli obiettivi da perseguire e risorse, in particolare tecnologiche, a disposizione. Considerando i vantaggi dello Smart Working, non ci si stupisce che molte aziende, per attuarlo, abbiano iniziato un processo di Digital Transformation, ovvero l’applicazione di tecnologie digitali adeguate a connettere spazi, oggetti, e persone. I vantaggi non sono solo a favore delle imprese o dei lavoratori, ma anche dell’ambiente: evitando gli spostamenti da casa a postazione di lavoro, si contribuisce anche a una consistente riduzione di emissioni di CO2 nell’atmosfera.
La pandemia Covid-19 ha accelerato la diffusione di questa modalità di lavoro, che, seppur produttiva, presenta il rischio per il lavoratore, di faticare a distinguere il tempo del lavoro da quello della vita privata.